09.02.2024

i ceci

I ceci rappresentano i legumi più diffusi a livello mondiale dopo la soia e i fagioli

Fanno parte integrante della cucina tradizionale di numerosi paesi dell'area mediterranea. Basti pensare, senza dover andare troppo lontano, all'hummus, celebre salsa a livello mondiale, e ai falafel, polpettine speziate entrambe tipiche del Medio Oriente. In Italia, invece, il piatto più rinomato a base di ceci è la farinata.

Qualità e proprietà dei ceci


I ceci, noti scientificamente come Cicer arietinum, appartengono alla famiglia delle leguminose, e il loro nome deriva dal termine greco "kikus", che significa "forza". 

Spesso, quando si discute dei legumi, e quindi anche dei ceci, si tende a considerarli principalmente come fonte proteica. Tuttavia, va notato che i ceci, oltre a contenere un buon tenore proteico, presentano anche un elevato contenuto di carboidrati.

Valori nutrizionali dei ceci: non solo fonte di proteine vegetali

Per essere più precisi, la tabella nutrizionale dei ceci, facendo riferimento a una quantità di 100 grammi di alimento cotto e scolato, presenta i seguenti valori:

  • Carboidrati: 18,9 g
  • Proteine: 7 g
  • Grassi: 2,4 g
  • Colesterolo: 0 g
  • Fibre totali: 5,8 g
  • Calorie: 132 kcal

 Questi dati evidenziano che i ceci sono un alimento versatile, fornendo non solo una fonte significativa di proteine ma anche una buona quantità di carboidrati e fibre, senza contenere colesterolo.

 I falsi miti sui ceci

Nell'ultimo decennio, il consumo di legumi in Italia è aumentato di quasi il 50%. Nonostante ciò, esistono ancora numerose credenze errate attorno a questi alimenti, che talvolta contribuiscono a ostacolare il loro inserimento nella nostra dieta, privandoci così dei numerosi nutrienti essenziali che contengono. Per dissipare alcuni falsi miti sui ceci e permetterci di apprezzarne appieno la bontà e le proprietà nutrizionali, facciamo chiarezza e impariamo come integrarli correttamente nella nostra alimentazione.

I ceci fanno gonfiare la pancia

Non rappresenta una verità assoluta, ma piuttosto una percezione altamente soggettiva spesso associata a determinate patologie gastrointestinali, come la sindrome del colon irritabile, che rendono particolarmente sensibili alle fibre presenti nei legumi. Anche coloro che solitamente seguono una dieta a basso contenuto di fibre potrebbero sperimentare gonfiore addominale quando aumentano il consumo di legumi, poiché il loro organismo non è abituato a gestire una quantità elevata di queste sostanze. D'altra parte, chi incorpora regolarmente alimenti ricchi di fibre nella propria dieta probabilmente non riscontrerà disagi.

Inoltre, esistono diverse precauzioni che è possibile adottare per ridurre la probabilità di incontrare questo inconveniente, come:

  • Preferire legumi decorticati, ad esempio sotto forma di farina o pasta, privati della buccia più ricca di fibre.
  • Effettuare un adeguato ammollo prima della cottura, rispettando i tempi indicati sulla confezione.
  • Aggiungere foglie di alloro o alga kombu all'acqua di cottura dei legumi.


I ceci contengono carboidrati, quindi chi ha il diabete non dovrebbe mangiarli

I ceci sono costituiti per circa la metà da carboidrati, il che potrebbe far pensare che siano controindicati per chi soffre di diabete. Tuttavia, in realtà, il consumo di ceci non solo non è sconsigliato per i diabetici, ma è addirittura consigliato a causa del loro basso indice glicemico. Questo significa che i livelli di zucchero nel sangue aumentano in modo molto moderato dopo averli consumati.

La ricchezza di fibre nei ceci svolge un ruolo significativo nel rallentare l'assorbimento degli zuccheri presenti in altri alimenti con cui vengono abbinati, come pasta o riso. Ciò contribuisce a prevenire picchi improvvisi nei livelli di zucchero nel sangue dopo i pasti. Pertanto, i ceci possono essere inclusi in modo sicuro nella dieta dei diabetici, offrendo non solo un'opzione nutriente, ma anche un beneficio per la gestione della glicemia.


I ceci in scatola e surgelati fanno male

I ceci in scatola non presentano una minore densità nutrizionale né costituiscono opzioni meno sicure o salutari rispetto ai legumi secchi o freschi. Pertanto, non vi è alcun motivo per considerarli con sospetto. Al contrario, rappresentano un'alternativa pratica e conveniente che facilita l'inclusione di legumi nella dieta quotidiana. I lunghi tempi di ammollo e cottura dei ceci secchi possono talvolta scoraggiare l'inserimento di questi alimenti nella nostra alimentazione, spingendoci verso scelte più rapide.

I legumi in scatola si rivelano partner validi per mantenere l'assunzione di questi alimenti cruciali per la salute, anche quando si dispone di poco tempo per cucinare. Lo stesso si applica ai legumi surgelati, i quali mantengono caratteristiche nutrizionali molto simili a quelli freschi. L'unico suggerimento importante è quello di sciacquare accuratamente i legumi in scatola sotto l'acqua corrente dopo averli scolati, al fine di eliminare il sale di conservazione. Un eccesso di sale, oltre a non favorire la salute, specialmente quella cardiaca, potrebbe compromettere il gusto autentico dei legumi.


La farinata di ceci: l'origine

La farinata di ceci ha radici assai antiche, con diverse ricette latine e greche che descrivono sformati di purea di legumi cotti in forno. Sebbene si attribuisca comunemente un'origine genovese a questa specialità, non è noto il luogo esatto della sua nascita. Tuttavia, una leggenda racconta che possa essere sorta per caso nel 1284, quando Genova trionfò su Pisa nella battaglia della Meloria. Durante una tempesta, le galee genovesi cariche di vogatori prigionieri si trovarono coinvolte in un tumulto, causando il rovesciamento di barilotti d'olio e sacchi di ceci, che si inzupparono di acqua salata del mare.

Poiché le provviste erano limitate e non c'era molta scelta, si cercò di recuperare il possibile, dando ai marinai scodelle di una pura poltiglia di ceci e olio. Alcuni marinai rifiutarono il pasticcio, lasciandolo al sole, dove si asciugò trasformandosi in una sorta di frittella. Il giorno successivo, spinti dalla fame, i marinai assaporarono il preparato scoprendone la "prelibatezza". Tornati a terra, i genovesi decisero di perfezionare questa scoperta improvvisata, cuocendo la purea in forno. Il risultato piacque e, in scherno agli sconfitti, venne chiamato "l'oro di Pisa".

Oggi è un piatto semplice ma speciale, caratteristico di alcune zone del Mediterraneo, in particolare della cucina ligure e della cucina toscana costiera.


Articolo di:

Locatelli Jacopo

Nutrizionista biologo