10.11.2020

Quante volte sentiamo persone che raccontano di sentirsi vittime. E quante volte noi stessi ci sentiamo così:

Vittime del passato,

Di storie nate male, di incontri sbagliati, 

Vittime di situazioni, eventi o relazioni. Vittime di soprusi, attacchi e parole altrui. 

I dettagli nei racconti possono cambiare, ma ciò che resta comune è il dolore, a volte la disperazione, l’angoscia e la sensazione di essere senza via di uscita.

Quando ci si sentiamo vittime rischiamo di entrare nel RUOLO di vittima: un ruolo passivo, privo di forza e di risorse, legato ad un’immagine di debolezza e inferiorità.

Nonostante tutto, però, questa posizione ha un vantaggio: non siamo colpevoli, ma vittime appunto, e dunque i cattivi sono fuori, gli altri, la vita, il mondo.

A furia di percepirci in questo modo, può succedere che inconsciamente ci “affezioniamo” a questo ruolo! Ma affezionarsi è pericoloso, perché ci blocca nell’eterna attesa di un Salvatore, di un eroe che ci liberi dalla prigione e che, ancora una volta è esterno, proprio come il Carnefice.

Occorre molto coraggio per comprendere che, in parte, questo ruolo lo stiamo creando noi stessi, con i nostri atteggiamenti e le nostre convinzioni.

Occorre moltissimo coraggio per ammettere che in parte quello che viviamo è anche opera nostra e non solo degli altri, dei cattivi che ci circondano.

Quando questo accade, però, iniziamo a toglierci di dosso quel ruolo, come quando un attore si spoglia della maschera e recupera il suo vero volto.

Improvvisamente ci accorgiamo che è possibile

Scegliere

Dire di no

Cambiare atteggiamento verso gli altri

Ma soprattutto guardarci sotto un altro l’unto di vista .

Improvvisamente diventa possibile vedere e riconoscere la nostra forza e la nostra autonomia, le capacità di fare e di essere.

E improvvisamente, il Salvatore tanto atteso compare sulla scena: una parte interna si sveglia per salvare e liberare non solo da ciò che ci sta facendo male ma anche dalla nostra complicità con tutto questo.

Ogni volta che ci sentiamo vittime dobbiamo domandarci in che modo stiamo collaborando a questa cosa: Cosa non stiamo facendo che invece servirebbe? Cosa non stiamo dicendo? Cosa non ci stiamo permettendo? Con quale lente stiamo guardando noi stessi?

A volte serve un aiuto per farlo, ma svelare la propria responsabilità rompe lo schema del vittimismo e apre la scena a nuove parti di noi, più adulte e consapevoli !

Il vittimismo è insidioso perché blocca sul nascere la ricerca di una via d’uscita, soffocando quell’inquietudine che avrebbe potuto essere la promessa di un desiderio.”
Marina Valcarenghi